Spending review: mai stata fatta sui veri sprechi

Dall’inizio della crisi in Italia la “mitica” spending review (revisione della spesa pubblica) non è stata attuata sugli sprechi e inefficienze da nessuno dei tre governi (Berlusconi, Monti, Letta) che si sono succeduti, più quello attuale, ma hanno preferito colpire i servizi, inefficientandoli maggiormente. Tagli, nel nome dell’efficientamrnto della spesa pubblica, all’istruzione con la riforma Gelmini, alla ricerca, all’intera pubblica amministrazione attraverso molteplici licenziamenti e blocco dei contratti (dal 2009), tagli indiscriminati alla sanità, al sistema ospedaliero e ai posti letto, ai fondi per la disabilità e non autosufficienza, alla vitale spesa in conto capitale (investimenti a fini produttivistici), alle pensioni minori, agli enti territoriali (soprattutto nell’ultimo periodo, attuati dal governo Renzi), alle tax expenditures (detrazioni e deduzioni) e al trasporto pubblico. Miliardi di tagli (in parte chiesti dall’UE per avere liquidità immediata per pagare i creditori e ridurre il debito) e politiche restrittive che hanno solamente indebolito il welfare, aumentato la recessione e peggiorato la situazione di grave crisi economiche. Non sono mai stati tagliati, o solo in maniera parziale, spese militari e nuovi armamenti, spesso inutili (anzi, i cacciabombardieri f35, che probabilmente verranno acquistati tutti, costeranno ai cittadini italiani 12 miliardi), vitalizi, pensioni d’oro (a causa del sistema retributivo spesso sono il doppio, o quasi, rispetto a quanto versato) e pensioni triple e quadruple, spese inutili sui beni intermedi, enti inutili (una miriade e costano 10 miliardi all’anno), consulenze d’oro, auto blu ospedaliere e per i politici, sussidi alle centrali da combustibili fossili e alla trivellazione (ancora molto alti, purtroppo), risorse stanziate per grandi opere inutili, costose e con forte impatto ambientale; inoltre non sono stati applicati i costi standard nella spesa sanitaria regionale e accorpate le aziende partecipate degli enti locali e i comuni sotto i 15000 abitanti. Questa serie di tagli che si sarebbe potuta fare avrebbe solamente efficientato, colpito veri sprechi e inefficienze e avrebbe fatto risparmiare più di 45 miliardi di euro allo Stato, senza licenziare o ridurre i posti letto negli ospedali. L’unico intervento positivo nella via della “buona” revisione della spesa è l’aver messo mano ai mostruosi salari dei manager pubblici, così come un buon punto di partenza per un cambiamente in questa direzione può essere il 60%/70% (tagli ai costi della riscossione, consulenze, auto blu, razionalizzazione della gestione degli immobili, fisco telematico, abolizione delle province) del piano di tagli firmato dall’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli, anche se è ancora limitato e non tocca grandi aree di sprechi. Quindi, concedetemi il gioco di parole, diamoci un taglio con i tagli sui servizi e sugli enti locali e cominciamo a efficientare davvero la nostra spesa pubblica.

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