Cosa vogliono gli anticasta e ultrasocialisti di Podemos

Podemos è il partito spagnolo, di forte impronta “anticasta”, erede degli Indignatos e guidato, oltre ad essere stato fondato, dal giovane Pablo Iglesias. Alle ultime elezioni amministrative il partito, dopo aver ottenuto un ottimo 8% alle elezioni europee del 2014 a soli quattro mesi dalla fondazione, ha trionfato a Barcellona e guida Madrid con il PSOE (partito socialista), ottenendo importantissimi risultati che hanno chiaramente posto fine al bipolarismo in Spagna (i primi due partiti hanno perso 3 milioni di voti in quattro anni). Nonostante non si definisca nè di destra nè di sinistra, l’impronta di Podemos è marcatamente socialista, come si può intendere chiaramente leggendo il suo programma, presentato alla fine dello scorso anno, per alcuni aspetti ancora più radicale e utopista (forse anche populista) di Syriza (e in Italia è un mix tra Rifondazione Comunista, anche se i due partiti, indubbiamente, non possono essere paragonabili, e il m5s, che però non è un movimento di sinistra). L’interrogativo che pongo, a seguito dell’esultanza di tutte le sinistre europee e degli schieramenti antiausterity e anticasta, quindi, è: conosciamo davvero le intenzioni di Podemos? La prima intenzione è quella di azzerare la classe dirigente attuale, considerata incapace e colpevole di aver portato il Paese nella più progonda crisi, mentre le proposte economiche puntano ad un forte controllo dell’economia da parte dello Stato e, quindi, al dirigismo: nazionalizzazione di tutte le grandi imprese private considerate strategiche (comprese quelle alimentari e farmaceutiche) e maggiore peso dello Stato anche nel sistema bancario. La proposta più utopistica e populista presentata è il reddito di cittadinanza universale, cioè offerto a chiunque viva in Spagna, che costerebbe quasi 150 miliardi l’anno, ma è di difficile attuazione anche il proclamato diritto alla casa. Un altro punto era l’abbassamento dell’età pensionabile addirittura a 60 anni (oltre all’aumento di tutte le pensioni medio-basse), poi proposta cambiata (ora abbassamento da 67 a 65 anni) visto, anche in questo caso, l’evidente inattuabilità di quella originale. Idea altrettanto populista il tetto massimo alle retribuzioni anche nel privato (poi tra le altre proposte vi sono l’abbassamento di ore lavorative a 35 settimanali, il divieto di licenziamento per le aziende che fanno utili e l’aumento del salario minimo) . Questo evidente e rilevante aumento di spesa pubblica verrebbe compensato dalla revisione delle detrazioni IRPEF e dall’aumento delle tasse sulle grandi ricchezze (patrimoniale), sulle rendite finanziarie, sulle imprese con fatturati maggiori, sui redditi medio-alti e sulle transazioni finanziarie a scopo speculativo (probabilmente le risorse reperite attraverso queste azione non sarebbero sufficienti). Assolutamente condivisibili, invece, le proposte di abolizione del pareggio di bilancio costituzionale, di lotta all’austerity (anche se non ci dicono chiaramente se sono per l’integrazione europea o meno), alle politiche di solo rigore dell’UE, alla corruzione e alle discriminazioni, di rinegoziazione del debito pubblico, di investimenti nella green economy, dell’introduzione dell’eutanasia e di garantire l’aborto, e di divieto alla possibilità di attuare condoni fiscali, mentre è opinabile l’utilizzo della rete per le consultazioni con i militanti per ogni decisione, stile Movimento 5 Stelle, e come strumento di democrazia diretta. Gli idoli politici del professore universitario Iglesias (nonostante dichiari superata la distinzione destra-sinistra), cioè Marx, Lenin e Gramsci, potrebbero tranquillamente essere tutti l’emblema di parte del suo programma (mi azzarderei di definire Podemos anche parzialmente anticapitalista, in quanto il populismo non viene fatto sugli immigrati, ma sulla ricchezza). In Spagna queste idee sono assolutamente popolari (vsto che qui non si accaparra voti il populismo di destra ma quello di sinistra); in Italia, invece, quelle presentate da Iglesias sarebbero considerate ricette (nonostante il messaggio sia di rinnovamento) economiche superate e, probabilmente, riproposte senza la stessa spinta popolare non farebbero lo stesso successo, anzi… Siamo sicuri che siano proposte per lo più attuabili, che l’alternativa al populismo di destra sia quello di sinistra e non il buon senso, che un aumento abnorme della spesa pubblica sia ben compensato (per non creare nuovo debito e un enorme disavanzo) e che queste politiche economiche potrebbero garantire la ripresa economica della Spagna??  In realtà le conseguenze potrebbero essere solo forte giustizia sociale e uno Stato onnipresente senza crescita, visto che non si investe nelle imprese, nel lavoro e non si tagliano le imposte, nemmeno sulle fascie di medio-basso reddito e sulle piccole imprese, non dando respiro dal tartassamento degli ultimi anni. La nuova sinistra italiana (per intenderci la nuova formazione che sarà guidata da Civati) deve essere così radicale e di protesta, sul modello di Podemos?

dalla parte del progresso AA99