Sempre più veloce il declino di Renzi

L’uscita (ovviamente sminuita dalla dirigenza PD) dell’ex viceministro dell’economia Stefano Fassina, e altri esponenti della minoranza Dem, e gli ultimi sondaggi politici che attestano il Partito Democratico (o sempre più Partito di Renzi) al 31/32%  sono traducibili in un declino sempre più veloce di Matteo Renzi, che continua a perdere pezzi, così come continua a calare il consenso che aveva ottenuto, addirittura avrebbe perso un 9% di elettori rispetto alle elezioni europee di maggio 2014 (e i partiti populisti continuano a crescere). L’inizio della fine del premier Renzi è comunciato quando, finito l’effetto degli 80 euro, le politiche messe in campo non erano più quelle promesse e il tanto atteso cambiamento era minimo: il primo segnale è stata la scarsissima affluenza (37% contro il 68% della tornata elettorale precedente) all’elezione regionale nell’area tipicamente rossa, e caratterizzata da un’ampia partecipazione (fino a qual momento), dell’ Emilia- Romagna, a Novembre 2014; errori gravi e imperdonabili la battaglia inutile contro i sindacati, i mancati compromessi con la minoranza del proprio partito (che si sta avviando all’abbandono), la nuova legge elettorale, su cui è stata posta la fiducia (solo due precedenti nella storia italiana: con il fascismo, per la legge Acerbo, e per la cosiddetta legge truffa nel 1953) che non piace a nessuno e la riforma della scuola messa in campo, che si scontra con la volontà di insegnanti e studenti e non risolve i veri problemi del nostro sistema scolastico. Renzi è arrivato alle elezioni regionali con un PD, alle origini un partito con degli ideali socialdemocratici e marcatamente di centrosinistra, completamente snaturato e travestito da partito di destra, senza però ottenere nuovi voti dall’area conservatrice (a parte eccezioni) e perdendoli a sinistra (infatti ha perso, nelle regioni al voto, ben 2 milioni di elettori). Il colpo finale al consenso (ridotto anche dallo scandalo Mafia Capitale, visto il coinvolgimento di parte del PD romano e il rafforzamento dei partiti antisistema) nei confronti del premier e leader autoritario potrebbe essere dato, visto gli imprevisti del rimborso (che sarà minimo) delle pensioni, a seguito della dichiarazione d’incostituzionalità del blocco della perequazione, della bocciatura del reverse charge applicato alla grande distribuzione e dell’incostituzionalità del blocco dei contratti degli statali non retroattivo (il suo sblocco costerà almeno un miliardo e mezzo nel 2016 al Governo) dall’attivazione delle clausole di salvaguardia, che significherebbe oltre 50 miliardi di tasse in più (16 miliardi nel 2016) in tre anni, per l’aumento graduale dell’IVA ordinario dal 22% al 25,5% e di quello agevolato, il taglio drastico a detrazioni e deduzioni e l’aumento dell’accise sul carburante, e la fine della minima ripresa della nostra economia (il PIL in crescita è frutto di Expo, Quantitative Easing, svalutazione dell’Euro e costo del petrolio si minimi storici). Renzi dovrebbe preoccuparsi perchè l’Italia non è ancora uscita dalla palude e le troppe promesse fatte (es. il pagamento di tutti i debiti della Pubblica Amministrazione entro settembre 2014) di cambiamento, inversione di rotta e definitiva ripresa economica non le ha mantenute (in assenza di pochissimi provvedimenti realmente efficaci), ovviamente la fiducia cala di giorno in giorno. Se si dovesse andare alle urne oggi, davanti a una lista unica di destra sempre più oltre al 34%, per la crescita costante della Lega, e ad un M5S che sembra oltre il 27% (la vicenda Mafia Capitale continua a portare voti ai grillini) il PD, solo (non ci stupiremmo se si alleasse con l’NCD di Alfano, Lupi, Giovanardi e Formigoni) rischierebbe grosso in un eventuale ballottaggio. Che Renzi sia già arrivato alla fine del suo brevissimo percorso??

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Il pasticcio della (non) Buona scuola

Dal preside onnipotente al solo miliardo di investimenti stanziato per quest’anno (i paesi Ocse spendono in media il 5,7% del loro PIL per il sistema scolastico, l’Italia solo il 4,5%, dopo le ultime riforme nel nome dei tagli sulla cultura), sono vari i motivi per cui la riforma della scuola delude e non soddisfa nessuno, nè studenti e famiglie nè insegnanti e, soprattutto, sindacati, poichè non da risposte alle vere necessità e alle molte problematiche della scuola italiana. La Buona scuola, o meglio Non buona scuola, approvata il mese scorso dalla Camera dei Deputati (e ora in discussione al Senato) tra le critiche di opposizione e minoranza dem (Stefano Fassina in primis), non contiene misure per il contrasto alla dispersione scolastica (al 17%, Italia tra le prime in Europa), per garantire le borse di studio, per rendere la scuola davvero inclusiva, non sblocca il contratto dei docenti (bloccato dal 2009), i quali sono tra meno retribuiti in europa, proroga il blocco del turnover, non ripristina nemmeno una parte delle ore sottratte dalla riforma Gelmini e il tempo pieno e, soprattutto, offre pochissime risorse aggiuntive ai singoli istituiti (partendo da quelli in zone più disagiate) per investire in innovazione o per garantire progetti e il potenziamento dell’offerta formativa. La riforma Giannini, invece, conferisce maggiori poteri ai presidi (i super-presidi!) come quello di chiamata diretta degli insegnanti per assegnargli incarichi di durata massima triennale e rinnovabili, selezionabili attraverso colloqui, quello di promuovere o bocciare i neoassunti durante l’anno di prova, quello di piena gestione delle risorse umane, tecnologiche, materiali e finanziarie, quello di stabilire le supplenze fino a dieci giorni anche senza specifica abilitazione del docente e, infine, quello di poter premiare gli insegnanti meritevoli (stanziati 200 milioni), su scelta, oltre che del dirigente stesso, di due insegnanti e due genitori (un genitore e uno studente alle superiori). Questo significa un’organizzazione aziendale della scuola, o forse anche peggio, in quanto alcuni presidi potrebbero incaricare o premiare gli insegnanti senza considerare il merito, instaurando sistemi di raccomandazioni o ricatti; infatti per valorizzare realmente il merito occorrerebbe l’occhio di esperti esterni, in grado di valutare il metodo d’insegnamento, le relazioni con gli alunni e la preparazione di ogni singolo docente. Rafforzare l’autonomia di ogni istituto non significa dover dare tutto nelle mani di una sola persona, centralizzando anche quello che non lo era. L’Art. in questione, il n. 9, per ora non ha subito sostanziali modifiche, nonostante i continui scioperi (il prossimo, il più importante, sarà quello degli scrutini) e cortei, l’ ultimo dei quali venerdì scorso, per impedirne l’attuazione. La questione precari è un altro tasto dolente: sui 250 mila che si sarebbero dovuti stabilizzare (sentenza della Corte europea) la riforma prevede l’assunzione graduale di 100 mila insegnanti, escludendo tutti gli altri (se si fossero organizzati i progetti di cui la scuola ha bisogno, che ho elencato all’inizio dell’articolo i docenti, potrebbe servire il contributo di almeno 200 mila docenti, cioè il doppio di quelli che verranno stabilizzati). Gli altri punti (come l’alternanza scuola-lavoro) rappresentano novità trascurabili, per quanto riguarda l’edilizia scolastica, invece, servirebbero 12 miliardi mentre ne viene stanziato solo un terzo (peraltro quasi tutto solo sulla carta). Inoltre sono poco conosciuti i tagli che verranno fatti sulla spesa per l’istruzione: verranno tagliati i compensi aggiuntivi ai Commissari Interni degli esami di stato, ulteriormente i fondi per il contrasto alla dispersione scolastica, subiranno ridimensionamenti il personale amministrativo, il personale ATA e il fondo per il miglioramento dell’offerta formativa e sono stati azzerati esoneri e semiesoneri. L’unica nota positiva è la rinuncia al 5×1000 ai singoli istituti, che sarebbe stato vantaggioso, ovviamente, solo per quelli frequentati da ragazzi con famiglie più agiate. Quindi sostanzialmente la riforma non migliora il sistema scolastico, anzi, ne peggiora alcuni punti. La Buona scuola si rivela un’altra occasione persa, affinchè l’istruzione italiana sia all’altezza, su cui investire e concentrare risorse (“chi taglia sulla cultura cancella il futuro” recitava uno striscione in una della manifestazioni per una scuola diversa) per risolvere problemi da troppo tempo solo ampliati. E pensare che i cacciabombardieri f35 (considerati prioritari in un momento di enorme crisi economica) costeranno 12 miliardi

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Dispersione record: la scuola inclusiva che non c’è

L’Italia è tra i primi posti in Europa per dispersione scolastica, il 17%(!!) dei ragazzi (con punte del 30% in alcune zone del Sud), infatti, sono fermi al diploma della scuola media (in Francia e Germania la dispersione è circa al 9%) ma i fondi per il suo contrasto continuano ad essere tagliati (da 53 milioni nel 2009 ad appena 18 milioni scarsi stanziati l’anno scorso). Il problema è veramente serio e dimostra che la scuola italiana non è inclusiva: la maggioranza di coloro che interrompono la frequenza scolastica si verifica in seguito a bocciature (in particolare se nei primi due anni di scuola superiore) oppure perchè sono ragazzi disagiati, con problemi familiari. In Italia, infatti, è assente una stretta collaborazione scuola-famiglia, fondamentale in tutti gli altri paesi occidentali, ed è molto limitato l’intervento di insegnanti di sostegno (per l’assenza di fondi) o un concreto aiuto ai ragazzi in difficoltà o con materie insufficienti. Dobbiamo renderci conto che la scuola è fondamentale anche per il delicatissimo compito educativo. I semplici cinque minuti di colloqui o le due lezioni di recupero non bastano, ora bisogna realizzare piani formativi a misura di studente, per quanto riguarda quelli più in difficoltà, o politiche d’integrazione per quanto riguarda gli studenti stranieri. La scuola (per responsabilità della politica) non puó più permettersi di lasciare indietro il 17% degli studenti e i fondi strutturali per il contrasto alla dispersione scolastica devono aumentare: ogni scuola dovrà avere psicologi, esperti e insegnanti di sostegno in numero maggiore; ogni mese i genitori dei ragazzi più in difficoltà saranno chiamati a colloqui di 15-20 minuti con gli insegnanti, con il fine dell’aiuto al ragazzo; si dovrà prestare più attenzione agli studenti con materie insufficienti, impiegando più ore dedicate al solo recupero o al potenziamento per chi non ne ha bisogno; si dovrà facilitare il processo di cambio indirizzo o scuola nei primi due anni di scuola secondaria. Questo spero potrà essere attuato a breve, affinchè la scuola possa essere realmente inclusiva e capace di rispondere alle difficoltà, e gli inquietanti dati sulla dispersione potranno radicalmente  migliorare. Ne “La buona scuola”, purtroppo, c’è solo qualche accenno alla lotta alla dispersione scolastica, senza l’attuazione di un reale piano o l’aggiunta di risorse e impegno per il suo contrasto. La speranza è che il prima possibile il governo intervenga anche su questo fronte, che rappresenta un reale problema, oltre a preoccuparsi di trasformare i presidi in imprenditori. L’istruzione deve tornare ad essere la prima ruota del carro della politica, perchè ora per la trascuratezza riguardo i reali problemi (sempre in riferimento alla Buona Scuola) ci stanno rimettendo studenti e insegnanti.

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Le mie proposte per una scuola migliore per tutti

riforma-scuola-renzi-per-il-2015_334299 Questa è la mia idea di buona scuola, in cui studenti, insegnanti e personale ATA siano tutti, veramente, al centro del progetto. Per realizzare la mia proposta servirebbero circa 9/10 miliardi ed è ripartita nei seguenti punti: 1) garantire le borse di studio  2) ripristino del tempo pieno  3) assunzione immediata degli insegnanti precari e sblocco del turnover  4) aumento della retribuzione degli insegnanti, i quali sono alla base della società per importanza  5) stretta collaborazione scuola-famiglia per l’aiuto dei ragazzi in difficoltà (elaborazione di un piano contro la dispersione scolastica)   6) innovazione e digitalizzazione  7) piano straordinario di manutenzione delle strutture scolastiche  8) potenziamento dell’insegnamento di lingue straniere, informatica e cittadinza e costituzione (educazione civica a partire dalla scuola primaria)  9) insegnamento dell’inglese a partire dalla scuola dell’infanzia  10) rifinanziamento del fondo per il miglioramento dell’offerta formativa  11) finanziamento di un numero maggiore di progetti di mobilità internazionale a fini di studio per gli studenti meritevoli 12) eliminazione del numero chiuso nelle università  13) trasporti pubblici a basso costo per gli studenti  14) costruzione di nuovi asili nido pubblici e notevole aumento di posti di lavoro all’interno degli stessi  15) aumento delle ore settimanali di lezione nella scuola primaria (da 24 a 30 ore) 16) finanziamenti maggiori verso i singoli istituti per garantire laboratori e progetti di vario tipo  17) rendere il personale ATA parte integrante del progetto formativo 18) politiche scolastiche volte all’integrazione degli studenti stranieri  19) educazione, fin dalla scuola dell’infanzia, ad un’alimentazione sana, a stili di vita sani, all’importanza del movinento e del rispetto per l’ambiente  20) istituzione di spazi in cui gli studenti possano dibattere su argomenti di attualità  21) revisione dell’utilità delle prove invalsi, che spesso non valutano la reale preparazione dello studente

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Insegnanti e studenti umiliati dalla politica

imageNegli ultimi giorni si è ritornato a parlare di istruzione (o più precisamente circa la nuova proposta di riforma della scuola, che sicuramente risolverà poco o niente rigurdo i grandi problemi, sempre che non li peggiori ulteriormente), lasciata sempre come ultima ruota del carro delle preoccupazioni dei vari governi che si sono succeduti in Italia. Infatti gli insegnanti italiani sono tra i meno pagati d’Europa, molti peraltro assunti con contratti precari, per cui il nostro Stato è stato condannato dalla Corte Europea alla stabilizzazione di almeno 250 mila (!!) insegnanti (che sono stati in cattedra per più di 3 anni) e tutto questo perchè non si investe nell’istruzione, infatti le ultime riforme hanno portato solo tagli, licenziamenti e un’umiliazione continua oltre che per gli insegnanti anche per gli studenti, ai quali non è garantito il tempo pieno, non sono garantite borse di studio, il costo dei trasporti locali è sempre maggiore, i progetti di mobilità a fini di studio per i meritevoli sono pochi e le ore di scuola, partendo da quella primaria, sono state tagliate, per non parlare poi delle condizioni di molti edifici scolastici o dei dati sulla dispersione scolastica (che non viene contrastata). Digitalizzazione e innovazione sono miraggi. La soluzione è quella di investire miliardi (almeno 8 nell’immediato) perchè un’istruzione di qualità è fondamentale e dovrebbe essere il primo tassello di una società che pensa al presente, guardando al futuro, con la certezza che la futura classe dirigente sarà migliore e maggiormente capace rispetto a quella attuale e perchè la cultura è l’unico mezzo che porta ad un progresso e ad un passo in avanti. Per questo gli insegnanti, che per importanza dovrebbe essere considerato il primo mestiere, meriterebbero una considerazione maggiore, e “mai più precari nella scuola”, non deve essere solo uno slogan, e l’attenzione per i disagi degli studenti dovrebbe essere una priorità (così come l’edilizia scolastica). Quindi l’augurio è che su questo tema ci sia l’attenzione, la preoccupazione sulle condizioni attuali e la voglia di cambiamento da parte di tutti parlamentari, unici in grado di fermare il declino dell’istruzione italiana.

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