La sinistra unita non c’è ancora, questione di tempo o frammentazione ad oltranza?
Da Possibile di Pippo Civati a Sinistra Ecologia e Libertà, dall’Altra Europa con Tsipras (entrata in Parlamento con i senatori Campanella e Bocchino) alla Federazione dei Verdi ed ecologisti, senza dimenticare i fuoriusciti Sergio Cofferati e Stefano Fassina e i vari Rifondazione, Radicali e l’extraparlamentare Coalizione Sociale di Landini: le sinistre in Italia sono davvero una miriade. A fine giugno sembrava certo che durante l’autunno sarebbe nata una nuova sinistra unita, inizialmente annunciata più volte da tutti i coinvolti, soprattutto pareva essere stato decisivo il discorso di Vendola durante l’ultimo congresso del suo partito, nel quale rivelava la chiusura dell’esperienza Sel e apriva ad un nuovo ciclo, con l’intento di portare avanti un progetto comune e riprodurre un vero centrosinistra di governo, legato agli ideali che Renzi ha polverizzato, ma i primi piccoli dissidi si sono presentati immediatamente, in particolare tra Possibile e parte degli altri soggetti socialdemocratici insieme ai sindacati, i quali si sono rifiutati di sostenere i referendum abrogativi promossi dal partito di Civati, poi non arrivati alle 500 mila firme necessarie per poter essere depositate in Cassazione (nonostante ciò possiamo ritenere un successo di partecipazione le 300 mila ottenute, frutto di mobilitazione e impegno di migliaia di volontari), e hanno accusato l’ex Pd di non aver voluto aspettare per presentarne uno in accordo comune. Oggi, inoltre, Sel preferirebbe che la futura lista di sinistra potesse, in vista delle elezioni amministrative, stabilire anche eventuali alleanze con il Partito Democratico previo accordi su candidati e punti principali dei programmi, probabilmente solo in alcune strategiche città (Cagliari sarebbe una di queste, in quanto Pd e Sel sosterrebbero il sindaco uscente Zedda, esponente dello stesso Sinistra Ecologia e Libertà), mentre Possibile si oppone totalmente all’ipotesi. In più a vari esponenti, civatiani in primis, non piace l’apertura di Fassina all’uscita dall’Euro, proposta sempre appartenuta alla destra populista e cavallo di battaglia dei nazionalisti ed antieuropeisti. Un soggetto unitario che possa competere contro Renzi e opporsi al Governo, quindi, appare ancora come un miraggio e gli ex elettori del Pd che non si riconoscono nelle politiche di centrodestra e nella gestione autoritaria del partito da parte del segretario, nonchè premier, si sentono, in gran parte, spaesati e a guadagnarci, purtroppo, sembra solo il Movimento Cinque Stelle.
D’altro canto troviamo la minoranza dem (o, per meglio dire, le minoranze), guidata da Bersani, D’Attorre e Speranza, i quali hanno provato ad opporsi, talvolta troppo debolmente (a causa di una mancanza d’ascolto totale da parte della maggioranza) a molte delle riforme horror di Renzi (che ha sempre preferito fare accordi con Alfano, Formigoni e Giovanardi, con cui sta creando la DC 2.0) e all’avvicinanento al partito di Denis Verdini e di personaggi (da notare che si tratta di padri costituenti…) come i reosospesi per gesti sessisti D’Anna e Barani, esigendo, senza successo, un Partito Democratico ancorato al centrosinistra e che non rinnegasse totalmente il programma di Bersani con il quale e per il quale sono entrati in Parlamento nel 2013. A lungo soprattutto Pier Luigi Bersani ha contrastato i punti critici della riforma del Senato, cioè inelettività e contrappesi assenti, giungendo ad un accordo con Renzi e Maria Elena Boschi che, però, rischia di ripercuotersi contro la minoranza stessa e affossarla, in quanto potrebbe trasformarsi in una sorta di “tanto peggio, tanto meglio”, se la legge elettorale per stabilire i neosenatori prevedesse il listino e ricalcasse, sostanzialmente, la proposta di mediazione di Anna Finocchiaro; quest’ultima ipotesi era stata smentita, precedentemente, dall’ex segretario del Pd, ma l’indizio principale che si possa giungere a tale, insperata, conclusione è contenuto nell’art.2, che prevede una sedicente rettifica, tutta da spiegare, degli eletti da parte dei consiglieri regionali.
Lasciare la sinistra frammentata o renderla una semplice accozzaglia di liste sarebbero mosse chiaramente perdenti; non può essere del tutto assente dallo scacchiere politico una vera coalizione di soggetti progressisti, laici ed ecologisti che possa rappresentare chi non lo si sente più dal partito di Renzi e i sinistroidi che stanno votando i 5stelle turandosi il naso. La speranza è l’ultima a morire quindi, nonostante risulti alquanto difficile, non possiamo che incrociare le dita affinchè, prima o poi, il Pd possa essere riconvertito e tornare un soggetto di centrosinistra e realmente democratico, com’era con Bersani al timone. Solo inguaribile ottimismo??
dalla parte del progresso AA99