Lo spettro del TTIP che incombe sulla nostra economia

Sul TTIP (Trattato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti), probabilmente, si arriverà ad un accordo finale tra UE e USA entro la fine dell’anno (decisione presa dal G7 svolto in Baviera). Ma che cosa è, di preciso, e cosa comporterà l’attuazione del contenuto del TTIP?  Innanzitutto il TTIP è un accordo commerciale di libero scambio (una maxi liberalizzazione) in corso di negoziato tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti dal luglio del 2013. Lo scopo è quello di integrare i due mercati, attraverso la riduzione dei dazi doganali, l’eliminazione delle barriere non tariffarie, cioè ogni differenza in regolamenti, norme e procedure standard applicate ai prodotti, regole sanitarie e fitosanitarie, e lo smaltimento di tutti gli altri ostacoli al commercio. Verrebbero anche eliminati i sussidi pubblici, liberalizzati gli appalti e ridotte le barriere nei servizi e ci dovrà essere piena collaborazione su temi di interesse comune (lavoro, energia, medie e piccole imprese, combustibili fossili). Un economista che si è sempre dichiarato fermamente contrario al trattato è il premio Nobel per l’economia nel 2001 Joseph Stiglitz; quest’ultimo, infatti, crede che, in realtà, il TTIP non sia un accordo di libero scambio ma di gestione della nostra economia da parte degli Stati Uniti, a scapito dei cittadini europei (e- dice- anche di quelli americani) in quanto verrà a mancare la tutela dei diritti dei consumatori e ci sarà una riduzione di garanzie. Anche uno studio della Tufts University del Massachusetts mette in forte discussione i presunti impatti positivi sull’economia del trattato; infatti rivela che l’attuazione del TTIP provocherebbe disarticolazione del mercato europeo, depressione della domanda interna e conseguente diminuzione del PIL europeo. Infatti gli unici che trarranno sicuramente vantaggi saranno le multinazionali americane (ovviamente a scapito dell’artigianato locale e dei prodotti tipici delle varie zone). Con l’attuazione del trattato tra USA e Unione Europea verrà messa a rischio la sicurezza alimentare in Europa: negli USA è diffuso il commercio di OGM (Organismi Geneticamente Modificati), dei quali non è ancora scientificamente provata la non dannosità, così come sono utilizzati ormoni e promotori della crescita bovina, considerati cancerogeni. Verranno messi a rischio beni comuni (come acqua, telecomunicazioni ed energia) e servizi pubblici (sanità, trasporti pubblici e istruzione), sui quali ci sarà sempre di più una spinta verso la privatizzazione e la loro universalità sarà messa a rischio dal business. Si metterà in discussione la tutela dell’ambiente poichè saranno ridotti i parametri di salvaguardia e si diffonderanno pratiche di estrazione del petrolio (fracking) altamente inquinanti. Per quanto riguarda l’Italia non verranno più tutelati made in Italy e prodotti tipici, oltre alle piccole aziende che verrebbero schiacciate dalle grandi multinazionali; potrebbe non essere più obbligatorio indicare l’origine geografica dei prodotti. Sui diritti dei lavoratori alcuni paesi europei dovranno fare un passo indietro, riducendoli, essendo negli USA minori rispetto a tanti altri stati, così come per quanto riguarda le politiche di tutela della privacy. Potrebbero diminuire i salari e ridursi la coesione sociale. La trasmissione Report ha dedicato al trattato in questione una puntata nell’ottobre del 2014, nella quale sono stati approfonditi molti dei fattori di criticità, tra cui il fatto che il suo contenuto risulta parzialmente sconosciuto. Per i motivi elencati in precedenza la nostra economia e le nostre vite cambieranno, molto probabilmente in negativo; l’augurio è quello che si cambi idea (anche il governo italiano) prima che sia troppo tardi: diritti e ambiente non vengono al secondo posto, e questo dobbiamo (e soprattutto coloro che lo stanno firmando) ricordarlo.

dalla parte del progresso AA99